Produzioni adulti
con Gabriella Carrozza, Mario Aroldi e Paola Ferrari/Loredana Scianna
testo e regia Mario Mascitelli
assistente alla regia Anna Lisa Cornelli
inserti poetici Federica Salvatore e Paola Marino
“Accartocciata, le gambe giunte al petto, i resti di un abito, strappato a morsi dalla furia delle bugie… l’avvolgono, come una coperta calda. Una mano, a cancellare il rimmel nero gocciolante sulle guance rosa, e l’altra sulla bocca, per impedire anche al respiro di fuggire via. Il freddo pungente della notte districa con dolore i capelli aggrovigliati, mentre le parole ingoiate, come lame d’acciaio anestetizzano l’urlo, mai pronunciato.”
In molti conoscono la terribile favola di Barbablù dei fratelli Grimm, personaggio a volte rappresentato come il diavolo stesso, che sposa giovani fanciulle, orribilmente squartate non appena osano trasgredire all’ordine di non aprire una porta del palazzo.
La morale era molto chiara per i bambini, a infrangere un divieto si può rischiare molto..,
Ma quando non è una favola e non sono i bambini ad aver paura, allora diventa una storia vera.
Lo spettacolo nasce dal desiderio di affrontare il dilagante e inaccettabile fenomeno della violenza domestica, per saperne di più, per offrire un’occasione di riflessione. Nella nostra ricerca abbiamo scoperto anche l’altra faccia di tale violenza, quella psicologica, che, come un tarlo, consuma anima e pensieri delle vittime che subiscono gelosie, abusi e pressioni da parte di mariti, fidanzati, compagni che pur non toccandole nemmeno con un dito, le affliggono con una violenza sottile e quotidiana. In modo esemplare Pirandello ha dato voce a tale ossessione maschile facendo dire a un suo personaggio:
“Anche se t’accecassi, ciò che i tuoi occhi hanno veduto, i ricordi, i ricordi che hai qua negli occhi, ti resterebbero nella mente; e se ti strappassi le labbra, queste labbra che hanno baciato, il piacere, il piacere, il sapore che hanno provato baciando, seguiteresti sempre a provarlo, dentro di te, ricordando, fino a morirne, fino a morirne di questo piacere.”
Video integrale: https://vimeo.com/67843324
Promo: http://www.youtube.com/watch?v=Fv-BBvk_cvk
NOTE DI REGIA
Ricordo che, quando ero bambino, uno dei momenti più piacevoli corrispondeva ai giorni immediatamente successivi all’influenza dove, passata la febbre, si stava a casa ancora un giorno o due “per sicurezza”. Letto matrimoniale dei genitori, latte a portata di mano con biscotti e il mio giradischi con i 45 e 74 giri delle favole. Le ascoltavo in continuazione e le mie preferite erano: “Le tre piume” e Pollicino. Su ogni disco ce n’erano incise due per lato. In una c’era anche quella di Barbablù e ricordo che una volta ascoltata mi spaventò così tanto che preferivo ogni volta saltarla. Quella traccia restò quasi intonsa rispetto alle altre ormai letteralmente “graffiate” e rumorose. In particolar modo, mi spaventò ciò che si trovava dietro quella porta da non aprire… i corpi appesi, maciullati, il sangue dappertutto, la macchia sulla chiave che non veniva via mentre lui, Barbablù, stava rientrando. Era il terrore di poter vivere una situazione come quella, essere scoperti da una prova agghiacciante e avere come punizione la morte.
Per chi ha la fortuna, come me, di far teatro, sa che non esiste mezzo migliore per affrontare le proprie paure e condividerle. Ecco allora la decisione di portare in scena questa favola “nera” ma non rivolta a un pubblico infantile bensì a quegli adulti che conoscono poco il fenomeno della violenza quotidiana e familiare che subiscono molte donne, e anche a coloro che magari la conoscono bene e vi assistono passivamente.
Grazie al Centro Antiviolenza di Parma siamo venuti a conoscenza di una situazione ben più grave di quella che i mass media, in maniera spesso superficiale, ci presenta. Abbiamo appreso così che solo il 10 % delle violenze viene trattato nei notiziari. Ben poca cosa di fronte a dati molto più allarmanti e diffusi: quasi 200 casi solo nel 2011 di cui il 78% vittime di violenza psicologica e 58% fisica spesso a opera del coniuge (42%). Qui le riflessioni sono d’obbligo ma, prima di dare spazio ai pregiudizi, è bene precisare che il 63% di queste vittime sono italiane, con un lavoro (70%) e con un grado di istruzione di scuola superiore (46%) o universitario (28%)
Basterebbero questi dati a spiegare l’urgenza di affrontare un tema così preoccupante. Ritengo da sempre il palcoscenico un mezzo efficace per dar voce a chi voce non ha, ai tanti “nessuno” che ci circondano e chiedono aiuto. Uno spazio e un luogo di riflessione e, perché no, di denuncia sociale
Da questo è partito il nostro lavoro: voler raccontare con immagini, musica e testo (a volte poetico e criptico, altre volte più diretto) una storia dall’apparenza “comune”. Vorremmo fosse un’accorata raccomandazione alle donne, a quelle donne fragili che non devono mai annientare la propria esistenza in favore di Orchi con una fede al dito e un monito a tutti noi, gente comune, a restare sempre in ascolto di quei messaggi di aiuto che spesso si manifestano in maniera timorosa e velata.
Troppe volte, alcune di loro, alzano la cornetta per comporre il numero delle autorità ma poi non trovano la forza di parlare e mettono giù. Non lasciamole sole.
Vorrei ringraziare i collaboratori che, con devozione e fatica, si prestano nel seguirmi condividendo questi miei progetti in pieno stile di quello che il Teatro del Cerchio per noi rappresenta: un luogo d’incontro dove dare spazio a discussioni, cultura, bisogno di civiltà e di socialità.
“Si capisce subito, fin dalle prime battute, che la favola, come noi tutti la conosciamo, è, e rimarrà, solo un ricordo d’infanzia, nulla a che vedere con ciò che verrà di lì a poco rappresentato: una donna sola, vittima di una violenza fisica e poi psicologica. Ma prima di tutto è una donna vittima dei suoi stessi sogni, infranti dall’incontro con un uomo che si rivelerà un Orco.”
Recensione Gazzetta di Parma di Francesca Ferrari
regia di Mario Mascitelli
con Mario Aroldi, Francesco Marchi, Bruna Delfini, Chiara Casoli, Stefano Nemorini, Lorenzo Ebri, Stefania Maceri e Mario Robusti
Nuova Produzione 2010 Teatro del Cerchio/Progetto Studio
Una commedia esilarante dove i protagonisti si ritrovano completamente al buio a causa di un improvviso black out, ma il pubblico continua a vederli in piena luce; assiste a tutto ciò che potrebbe accadere in un appartamento immerso nelle tenebre, al contrario quando viene accesa una sola candela in scena, tutto si fa buio.
Questo accade nella casa di un giovane scultore che aspetta la visita del suo futuro suocero e per rendere più accogliente l’appartamento ha preso in prestito i mobili del vicino. Ma quando tutto il palazzo rimane al buio tutto diventa surreale, iniziano ad arrivare in casa la vicina alcolizzata, l’antiquario omosessuale, il futuro suocero colonnello irascibile, l’ex fidanzata, un ricco collezionista che vorrebbe vedere le opere del giovane scultore. All’interno della casa tutto diventa confusione, con scambi d’identità e divertenti equivoci.
Durata: 1 ora e 40 minuti circa
Tecnica utilizzata: teatro d’attore brillante
Spazio scenico minimo: largh. mt. 7, prof. mt.7 a quadratura nera
Montaggio: 2 ore
Smontaggio 1 ora
regia Antonio Zanoletti
con Mario Mascitelli, Mario Aroldi e Gabriella Carrozza
tre atti unici da “La cantatrice calva” – “La lezione” – “Delirio a due” di E. Ionesco
Un viaggio dentro l’universo di questo autore franco-rumeno che ha lasciato una precisa impronta nelle avanguardie del nostro ‘900.
Si va dall’uso del “nonsense” alla filastrocca, alle improvvise sospensioni surreali con effetti umoristici e di “choc”. C’è però nella comicità di Ionesco un fondo amaro e l’immagine dell’uomo che ne risulta è tutt’altro che confortante.
Sulla scena si assiste a un intrecciarsi di duelli psicologici e verbali, con giochi di coppie che danzano una sorta di “delirio”, appunto, come suggerisce il titolo della serata.
“Dramma comico” così definisce l’autore “La lezione”. Metafora del Potere esercitato attraverso l’uso della parola che poco alla volta annichilisce, diventando ripetitiva come in un rito e che diventa una sorta di “danza macabra”. Parola pronunciata da parolai che detengono il Potere e non solo quello politico, ma quello della Cultura e della Comunicazione più grande ancora e assoluto.
Un professore impartisce lezioni di matematica- speciale e linguistica, e filologia comparata, ad una allieva che vuole conseguire il “dottorato totale”.
L’irruenza verbale e fisica porterà ai limiti estremi il gioco verbale perverso e l’allieva ne subirà le conseguenze estreme.
Poi
Una coppia di coniugi, idealmente riconducibile alla coppia de “La cantatrice calva” (che apre la pièce), la ritroviamo dopo anni di convivenza, abbrutita e incattivita a rinfacciarsi veleni a non finire consumando la loro crisi coniugale. Due persone squallide e inconcludenti, mentre il mondo là fuori, va in rovina.
Sa di scherzo. Ma è soltanto scherzo? Oppure è un controcanto che denuncia la chiusura umana a quanto succede attorno a loro?
Materiale di scena fra i più dirompenti del Teatro contemporaneo, la parola di questo autore, risuona, si ripete, confonde e inquieta.
Una messa in scena dove viene rispettato e valutato lo spirito di Ionesco fatto di lievità, di comicità irreale e grottesca.
E’ da deplorare la miopia retrograda di coloro i quali, vuoi per qualche pregiudizio ideologico o anti-avanguardistico, vuoi per la solita incapacità di riconoscere il realismo quando si veste di abiti non naturalistici, si ostinano a negare a questo autore l’importanza che merita, liquidandolo stupidamente per “qualunquista”.
drammaturgia e regia
Mario Mascitelli
con Mario Mascitelli
canzoni eseguite dal vivo da Pier Marra
Rivivere gli anni del cambiamento, del nostro paese, del consumismo, del benessere e del malessere di quel tempo attraverso gli oggetti e le canzoni che lo caratterizzarono. Un viaggio attraverso i ricordi felici dei “mangiadischi”, delle Barbie, della TV a colori e del gettone del telefono che non ci rendeva schiavi di una suoneria. Un sottile piacere nello scoprire come si viveva allora e di come le mode cambino e, con esse, cambi il nostro modo di intendere la moda. Come si immaginava il futuro? Diverso da quello di oggi, forse più vicino a quello di domani. La domanda è: ma fra 30 anni, faranno uno spettacolo su questo decennio attuale? Credo di no..
tecnica utilizzata : recital e cantato
spazio scenico minimo: largh. mt. 5, prof. mt.5
carico elettrico : 20 kw minimo
esigenze audio: impianto di amplificazione per due radiomicrofoni (di cui uno a gelato), monitor spia, effetto delay e lettore cd
esigenze tecniche: 3 prese a terra
montaggio: 3 ore (comprensiva di puntamenti luci)
smontaggio: 1 ora
contatti e informazioni: Mario Mascitelli 335 490376 e-mail: mariomascitelli@teatrodelcerchio.it
regia: Mario Mascitelli
con Gabriella Carrozza, Martina Vissani, Stefano Nemorini, Eleonora Lucchini, Chiara Casoli, Francesco Marchi, Lorenzo Ebri, Adriana Andresini, Andrea Scaglioni, Marua Elbau, Bruna Delfini, Mario Aroldi, Damiano Camarda e Mario Robusti.
“I flagelli, invero, sono una cosa comune, ma si crede difficilmente ai flagelli quando ti piombano sulla testa. Nel mondo ci sono state, in egual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono gli uomini sempre impreparati”.
Undici Stanze. Quattordici personaggi che si confrontano direttamente col pubblico in un percorso fisico ed emotivo di grande impatto. E poi Lei, la Peste, presente ovunque pur senza volto, in un contagio costante; metafora inquietante in cui il presente continua a riconoscersi. Dallo studio del testo del grande autore ed umanista algerino, gli attori del TDC Studio, si cimentano in una difficile prova in bilico tra recitazione ed emotività pura.
tecnica utilizzata: teatro interattivo per uno spettatore alla volta
spazio scenico minimo: largh. mt. 8, prof. mt.8
carico elettrico: 3 kw
esigenze: possibilità di appendere teli per creare 11 stanzette
montaggio: 4 ore
smontaggio: 2 ore
contatti, informazioni e prenotazioni: Ufficio Stampa TDC 335 490376 e-mail: info@teatrodelcerchio.it
Dall’Enrico IV di L. Pirandello
regia di Antonio Zanoletti
con Gabriella Carrozza, Mario Mascitelli, Damiano Camarda e Mario Aroldi.
Enrico IV è il personaggio più personaggio di tutta l’opera pirandelliana. Nella sua figura non solo si radunano i motivi principali della ricerca e dell’inquietudine dello scrittore, premio Nobel per la letteratura, ma anche il processo di rinnovamento delle scene da lui perseguito.
Rappresentato dopo i «Sei personaggi in cerca d’autore» nel 1922, ne riprende la problematica teatrale assorbendola in un meccanismo che si adegua intimamente alla figura del protagonista. Enrico IV è l’individuo che impone agli altri il suo teatro e prende in mano l’azione scenica creando di volta in volta la sua storia. La feroce critica che fa contro le apparenze, date come verità, i conformismi, le istituzioni, la vita tutta nel suo insieme di inganni e di falsità, acquistano in lui una capacità di corrosione implacabile.
Scegliendo la condizione di pazzo, quando pazzo non è più, egli si è riservato un destino eccezionale di giudice. Persa la ragione per una caduta, durante una cavalcata a cavallo in costume a cui egli partecipava nei panni di Enrico IV, rimane per anni nella convinzione di essere l’antico imperatore di Germania. Dopo dodici anni riacquista improvvisamente la ragione e si scopre già maturo, con i capelli grigi; attorno “tutto incerto, tutto finito”, solo la possibilità di arrivare “con una fame da lupo ad un banchetto già bell’e sparecchiato”.
Escluso, per una beffa del destino dalla vita, prende la sua rivincita. Dalla nicchia di questa sua pazzia ha potuto scorgere e valutare più ombre che luci, estrarre una malinconica filosofia in un monologo quotidiano dove finzione e realtà, ragione e pazzia, non presentano più limiti precisi nel dubbio amletico dell’esistenza: “essere o non essere”. L’angoscia di Enrico IV è soprattutto quella di non riuscire ad identificarsi con se stesso, di non poter più credere alle cose che un tempo aveva per certe.
Sarà il recupero della normalità, dopo la guarigione, a immetterlo paradossalmente in una dimensione psichica più sconvolgente e allucinante della malattia. Egli, da sano, percepisce la frattura irreparabile fra sé e la realtà: il suo io, gli altri, tutto il suo universo, gli appaiono scomposti, frantumati in una molteplicità d’immagini, uno squadrone di fantasmi che lo insegue togliendogli la pace alle sue veglie e ai suoi sonni: “io ho sempre tanta paura quando di notte me le vedo davanti, tante immagini scompigliate che ridono, smontate da cavallo”.
Enrico IV riassume e concentra in sé tutti i piani ed i tempi: uomo-attore-personaggio.
Uomo: è l’aristocratico o alto-borghese dalla giovinezza dissipata, con troppa intelligenza critica, troppi estri e astratti furori, perduto dietro ad una donna che non merita certamente tanta attenzione e tumulto del cuore.
Attore: è colui che poi guarito, coscientemente finge e recita la pazzia.
Personaggio: è la maschera che l’attore ha assunto, quella appunto fissata per sempre nella storia del “tragico e grande imperatore”.
Enrico IV è terribile, ammiccante, infantile, insinuante, compiaciuto, che si commisera e si esalta, che alterna l’umiltà e una sorta di smarrimento a sfoghi di autorità e di orgoglio iperbolici; manovra con abilità istrionica e mostruosa coloro che hanno fatto irruzione nella sfera della sua solitudine visionaria, “buffoni spaventati”. Alla fine il protagonista rimane solo nello spazio scenico che è la sua finzione/prigione, il palcoscenico: inteso come sede del “momento eterno” del rito che la tragedia antica sapeva celebrare.
Durata: 1 ora circa
tecnica utilizzata: teatro prosa
spazio scenico minimo: largh. mt. 7, prof. mt.7 a quadratura nera
montaggio: 3 ore
smontaggio: 1 ora
Da Luigi Pirandello
regia di Antonio Zanoletti
con Mario Mascitelli, Gabriella Carrozza, Mario Aroldi
Damiano Camarda, Martina Vissani, Anna Lisa Cornelli, Manuel Amadasi, Simone Baroni, Massimo Boschi e la partecipazione del piccolo Riccardo
Luci e attrezzerie di Martino Pederzolli
Con questo testo Pirandello sembra voler porre il proprio teatro su di un duplice piano: quello della commedia più indiavolata ed oppressiva, e quello “dell’apologo” morale, della favola tendente a rappresentare simbolicamente tipi e momenti eterni dell’agire umano.
Il titolo riassume in se stesso proprio tre aspetti più generali, tre modelli morali come: l’uomo, che è il Professor Paolino, la bestia, che è il violento e irascibile Capitano Perella, la virtù che è la remissiva Signora Perella, moglie trascurata del Capitano e amante del Professore.
La messa in scena è semplice, fedele e spontanea pur mantenendo la complessità dell’opera e dell’autore stesso, maestro dello “spessore” delle parole pronunciate, spesso con sottile ferocia, dai personaggi. Gli attori si presentano “mascherati” da un trucco vistoso e marionettistico e le luci, riportano più ad un concetto di “Futurismo” che di realizzazione teatrale. I costumi sono ricercati così come la scenografia, essenziale e precisa, che ben supporta la messa in scena. I toni sono brillanti e mai noiosi, sottili ed ironici come solo Pirandello sapeva fare. Il pubblico torna a casa soddisfatto, felice, appagato. Il commento più significativo di un nostro spettatore: “Pirandello vi avrebbe battuto le mani”.
Durata: due atti – 1 ora e mezza circa
tecnica utilizzata: teatro prosa
spazio scenico minimo: largh. mt. 7, prof. mt.7 a quadratura nera
montaggio: 4 ore
smontaggio: 1 ora
drammaturgia e regia
Mario Mascitelli
Aiuto regia: Roberta Gabelli
Fonti storiche a cura di Gabriella Carrozza
Editor immagini: Gianluca Adorni
con Mario Mascitelli
Spesso i giovani pensano che la seconda guerra mondiale sia stata combattuta solo dagli eserciti regolari delle nazioni coinvolte. Non sanno che, in realtà, vi sono stati uomini, donne e bambini che hanno combattuto “una guerra alla macchia” senza indossare nessuna divisa. Animati solo dalla forza di difendere la loro terra e le loro case, spesso senza armi e vivendo all’addiaccio, questi “combattenti della “resistenza” hanno contribuito, molte volte pagando con la propria vita, alla liberazione del nostro paese. E a loro e non solo che questo spettacolo si rivolge; non sono solo le vittime delle persecuzioni ed i caduti in battaglia che meritano di essere ricordati ma anche chi, magari trasportando armi o volantini nascosti nei cestini di una bicicletta, ha donato la propria giovinezza ad una causa che reputava giusta.
Si ringraziano per la collaborazione:
ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) sezione di Piacenza
Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Piacenza
Video integrale https://vimeo.com/44794753
tecnica utilizzata: teatro d’attore
età consigliata: dai 14 anni
spazio scenico minimo: largh. mt. 5, prof. mt.5
carico elettrico: 20 kw adattabile
esigenze audio: impianto di amplificazione per un radiomicrofono (nostra dotazione) e lettore cd
esigenze tecniche: presa per proiettore diapositive in ribalta e possibilità di appendere un paracadute
montaggio: 3 ore (comprensiva di puntamenti luci)
smontaggio: 1 ora
di e con Mario Mascitelli
La storia è quella di Sante Pollastri, brigante leale e gentiluomo, amato dalle donne e dalla gente, amante appassionato di ciclismo con un idolo: il campione Costante Girardengo.
Il racconto individuale si intreccia con la Storia e trasporta il pubblico in quei duri anni della guerra attraverso le fatiche di chi cercava di sopravvivere fuori dalla legge contemporaneamente a chi, in sella a una bicicletta, cercava la vittoria. Gli amori dell’uno e le rinunce dell’altro. La fuga sulla bici di Girardengo e quella dalla polizia di Sante e poi la cattura, l’amico che passa correndo, una frase scritta col gesso per terra: Vai Girardengo! E ancora il processo, la prigione, i tentativi di salvare sempre e comunque i compagni, il tradimento di Mariette, la vendetta.
Lo spettacolo offre uno sguardo sulla miseria degli anni fra le due guerre e su uno sport che fu una grande passione collettiva dell’epoca, passione che accomuna due personaggi diversissimi tra loro, ma che nonostante le mille traversie riescono ad andare in bicicletta per tutta la vita, l’unica cosa che sanno veramente fare, dicono entrambi.
In scena pochi elementi: una sedia, una bicicletta e una gabbia a evocare situazioni, personaggi, circostanze e atmosfere secondo uno stile classico di narrazione, che grazie alle repliche si è trasformato in uno stile più contemporaneo.
Spettacolo di narrazione della durata di un’ora circa.
Tecnica utilizzata: teatro di narrazione con un solo attore in scena.
Carico elettrico: 10 KW distribuiti su 9 pc 1000w – (4 piazzati – 1 dedicato centrale – 1 dedicato proscenio con gelatina 202 – 1 dedicato fondo con gelatina 201 – 1 a terra con gelatina rossa – 1 a terra ) 2 par 36W (nostri) e una lampadina 100w (nostra)
Esigenze tecniche: la possibilità di appendere una catena di ferro in proscenio in maniera che possa reggere il peso di una persona e di usare la nostra macchina del fumo.
Montaggio: 2 ore
Smontaggio: 1 ora
Esigenze audio: è richiesto un impianto di amplificazione per radio-microfono qualora lo spazio lo richiedesse. E un lettore CD
Di Mario Mascitelli
Assistente alla regia Silvia Nisci
Con Mario Aroldi e Martina Vissani
Produzione Teatro del Cerchio
Marito e moglie vanno in soffitta per mettere via uno scatolone di abiti fuori moda e ritrovano i vecchi giochi del loro bambino ormai cresciuto. La nostalgia del tempo passato così velocemente, lascia spazio alla ricerca dei loro costumi di carnevale da supereroi che, nel tempo, non sono mai passati di moda. I due, tra prestazioni acrobatiche e goffi tentativi di ‘tornar giovani’, si interrogano sul loro essere ‘un esempio’ per il proprio figlio e se i bambini sono consapevoli del fatto che i super eroi esistono e vivono intorno a noi pur non indossando un costume (ma un vestiario appropriato sì). L’interrogativo termina quando si rendono conto che il loro compito è quello di esser d’esempio e che il ruolo di un genitore sarà sempre quello di essere dei Super Papà e Super Mamma!
Un modo, insomma, per far capire ai bambini gli sforzi che noi adulti facciamo tutti i giorni e per i quali mai nessuno farà un fumetto o un film ma che noi compiamo volentieri ripagati da un loro abbraccio, un bacio o, semplicemente, da un sorriso.
Tecnica utilizzata: teatro d’attore e giocoleria
Carico elettrico: 3 kw
Montaggio: 2 ore
Smontaggio: 1 ora
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